
Il 20 marzo 2024, Piazza Garibaldi a Cagliari ha ospitato una manifestazione per chiedere la liberazione di Ilaria Salis, detenuta in Ungheria.
L’iniziativa, promossa da un comitato civico insieme a varie associazioni e partiti politici, ha riunito poco più di trecento persone. La maggior parte erano militanti sindacali, rappresentanti di associazioni, e movimenti politici, oltre ai familiari della detenuta. I semplici cittadini erano invece pochi.
Tra le adesioni figurava anche la CGIL Sardegna, presente con dirigenti e delegazioni territoriali.
Dai documenti ufficiali emerge il solito dato controverso. La CGIL Sarda ha inserito parte delle spese della manifestazione nel rendiconto presentato alla Regione Sardegna, in base alla Legge Regionale che nulla ha a che fare con questo tipo di attività. Ricordiamo che la norma del 1978 destina fondi pubblici alle organizzazioni dei lavoratori per attività di sviluppo economico e sociale, non per altro.
La rendicontazione ha contribuito alle significative assegnazioni di risorse regionali ottenute dal sindacato nel 2024.
In pratica, una manifestazione politica e simbolica, svoltasi poche settimane prima della candidatura di Ilaria Salis, è rientrata tra le attività coperte da fondi pubblici. La domanda è semplice: fino a che punto è legittimo foraggiare il sindacato con denaro dei contribuenti per iniziative che vanno oltre il mondo del lavoro?
La CGIL Sardegna non si è limitata ad aderire. Ha coordinato la partecipazione delle proprie strutture territoriali e mobilitato delegazioni da tutte le Camere del Lavoro dell’isola.
All’evento hanno preso parte Roberto Salis, padre di Ilaria, e Francesca Re David, della segreteria di Maurizio Landini. Quest’ultima ha espresso la posizione ufficiale del sindacato.
L’iniziativa, presentata come civile e umanitaria, ha assunto una chiara connotazione politica. La presenza di partiti di area progressista e i toni degli interventi lo confermano. Le parole di Re David, che ha denunciato “lo scandalo politico europeo” e l’inerzia dell’Unione, hanno trasformato la piazza in un momento di militanza più politica che sindacale. Ben oltre la solidarietà.
Nel rendiconto 2024 la CGIL Sarda ha incluso tra le spese presentate alla Regione anche i costi legati alla manifestazione per Ilaria Salis. Quegli oneri rientrano nei contributi previsti dalla Legge 31/1978, nati per sostenere progetti di sviluppo economico e sociale, non eventi politici.
La manifestazione del 20 marzo 2024, tenuta poche settimane prima della candidatura di Ilaria Salis al Parlamento europeo, pone dubbi sulla coerenza tra le finalità della legge e l’uso dei fondi pubblici. Il confine tra attività sindacale e sostegno politico appare sempre più sottile.
La vicinanza tra la manifestazione e la successiva candidatura di Ilaria Salis apre anche un possibile profilo elettorale. Se un futuro candidato beneficia, anche indirettamente, di un evento sostenuto con risorse pubbliche, nasce un problema di uso dei fondi in fase pre-elettorale.
La legge italiana tutela la neutralità delle istituzioni e la parità di condizioni tra candidati.
Vieta che risorse pubbliche contribuiscano, anche solo di riflesso, alla creazione di consenso politico.
In questo caso, la rendicontazione della manifestazione da parte della CGIL Sarda e il conseguente accesso ai finanziamenti regionali aprono un tema di opportunità e trasparenza. Non sta a noi stabilire se vi sia una violazione formale, ma è evidente che si tratta di un problema etico e politico.
Il fatto rimane: la CGIL Sarda ha incluso, almeno in parte, un evento politico nel bilancio dei finanziamenti regionali, a ridosso della campagna elettorale, per il rinnovo del Parlamento europeo.
L’episodio della manifestazione per Ilaria Salis segna un nuovo capitolo nella gestione delle risorse pubbliche da parte della CGIL Sarda. Dopo libri, trasferte e iniziative culturali, anche un evento politico finisce nei bilanci presentati alla Regione.
Questa scelta solleva interrogativi non solo sulla correttezza amministrativa, ma anche sulla coerenza del sindacato con il proprio mandato.
Un’organizzazione che rappresenta i lavoratori e riceve fondi pubblici dovrebbe mantenere una netta distinzione tra impegno sindacale e militanza politica. Quando questa linea si assottiglia, si incrinano fiducia e trasparenza.
La domanda resta: chi controlla davvero come vengono impiegate le risorse destinate alla CGIL Sarda? Finché le risposte non saranno chiare e documentate, ogni euro rendicontato continuerà a sollevare dubbi nella coscienza di chi, in Sardegna, gestisce e approva la spesa del denaro pubblico.