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Rinnovo contratto scuola: aumenti stipendio docenti e arretrati insufficienti contro l'inflazione, il fallimento dello sciopero CGIL
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Contratto Scuola: la grande recita della CGIL

Il rifiuto della firma sul rinnovo contratto scuola non è un atto di coraggio. È il sipario su un sindacato inutile. Tra scioperi falliti e paghe da fame, Landini e Fracassi guidano la più grande opera di demagogia mai vista.

C’era una volta una Gianna, quella cantata dal mitico Rino Gaetano. Lei “difendeva il suo salario dall’inflazione”. Era un’immagine potente, concreta. Una donna che lottava per la sostanza, per il pane, per la dignità del proprio potere d’acquisto. Quella canzone, oggi, suona come una condanna senza appello per l’altra Gianna: Gianna Fracassi, segretaria della Federazione Lavoratori della Conoscenza (FLC CGIL).

Mentre la Gianna della canzone puntava al sodo, la Gianna del sindacato bada alla scena. Si esibisce in un sterile fracasso. Il rifiuto della CGIL di firmare il rinnovo contratto scuola non è un atto di tutela. È l’esatto opposto. È la rinuncia a difendere gli aumenti stipendio docenti. Landini non è in grado di garantire un serio adeguamento all’inflazione, riesce solo sventolare la bandiera ormai sbiadita della sua organizzazione. Siamo di fronte a un sindacato che ha smarrito la sua primaria funzione. Per nascondere la propria irrilevanza contrattuale, mette in scena una commedia degli inganni sulla pelle dei lavoratori.

Il fallimento dello sciopero scuola

La prova regina di questa scollatura tra vertici e lavoratori sta tutta nei numeri. Sono cifre che non ammettono repliche. La “mobilitazione generale” indetta per aumentare i salari si è rivelata un disastro. Soprattutto nel comparto istruzione. Qui lo sciopero scuola dello scorso 12 dicembre ha registrato un’adesione sotto il 5%.

Questo dato non è solo catastrofico. È un voto di sfiducia definitivo. I lavoratori disertano in massa perché stanno finalmente aprendo gli occhi. Hanno capito la vera natura della confederazione. Si sono accorti che la CGIL è ormai diventata come un cane che abbaia furiosamente ma non morde mai.

Fa un gran fracasso e ringhia minacce contro il governo. Tuttavia, è totalmente incapace di affondare i denti per strappare risultati concreti sul recupero inflazione scuola. Si è compreso che bloccare il Paese per un “No” ideologico è un lusso. Mentre l’inflazione reale morde per davvero, solo i funzionari sindacali possono permettersi certi giochi. La base ha lasciato soli i propri generali, svelando al mondo che dietro le urla non c’è più un esercito.

Maurizio Landini: il campione della demagogia

Se Gianna Fracassi è l’attrice protagonista di questo dramma sul contratto scuola, il regista è Maurizio Landini. Lui sarà ricordato come il sindacalista più demagogo e irresponsabile che l’Italia abbia mai conosciuto.

Elencare tutti i fallimenti della gestione Landini è ormai impossibile. Sono così numerosi che si è perso il conto. Un rosario di disfatte che ha impoverito come non mai il mondo del lavoro. Ma la sua credibilità si è infranta definitivamente su un muro preciso: la realtà del settore vigilanza privata. È qui che si svela il “Sistema Landini”. L’uomo recita da anni la parte dell’indignato nelle piazze televisive. Chiede salari dignitosi a gran voce. Intanto, però, regala alle controparti il vantaggio di pagare i lavoratori con stipendi da fame. Ha firmato contratti persino a 5 euro lordi l’ora.

Mentre si ergeva a difensore dei deboli, la sua organizzazione firmava accordi vergognosi. La magistratura stessa ha dovuto cancellarli perché violavano la Costituzione. I giudici li hanno definiti non sufficienti a garantire una vita libera e dignitosa. Un sindacalista che firma la povertà nel privato e gioca al rivoluzionario nel pubblico non è un leader. È un illusionista pericoloso. Landini ha trasformato la confederazione in una campagna elettorale permanente. Ha sacrificato la tutela economica dei lavoratori sull’altare della propria visibilità personale.

La finta opposizione interna e l’inutilità della CGIL

In questo quadro desolante, c’è chi prova a salvare il salvabile. Si parla di “anime diverse” dentro il sindacato. Si narra di minoranze interne critiche, pronte a riportare la barra dritta. È una menzogna funzionale al sistema. Chiunque provasse davvero a mettersi contro la casta della CGIL verrebbe mandato via. Il vero dissenso democratico non è ammesso.

La cosiddetta minoranza è solo una valvola di sfogo. È un attore necessario nel gioco delle parti. Serve a trattenere gli iscritti più radicali che altrimenti strapperebbero la tessera. La verità è che la CGIL, nella sua interezza, è un organismo non più in grado di incidere. È un gigante flaccido che non sta in piedi. Non riesce a proteggere i salari dal caro vita e, non avendo risultati, vende fumo. Se un sindacato non porta soldi in tasca ai lavoratori, non ha motivo di esistere.

L’abisso europeo: numeri che non ammettono scuse

Mentre la CGIL si perde in chiacchiere, la realtà dei numeri certifica un divario umiliante con l’Europa. Ancor prima di guardare all’estero, basta analizzare la tabella aumenti scuola del rinnovo 2022-2024. Si capisce subito l’entità della sconfitta sul fronte dell’inflazione.

A fronte di un’inflazione reale cumulata del 17,8%, gli aumenti ottenuti coprono a malapena un terzo della perdita. Ecco il calcolo impietoso della perdita potere d’acquisto docenti e ATA. Vediamo quanto manca nelle tasche dei lavoratori ogni mese per pareggiare il costo della vita:

Questi numeri certificano un impoverimento strutturale. Ci confermano tristemente fanalino di coda rispetto ai colleghi UE:

  • Germania: Un docente tedesco guadagna in media oltre 80.000 euro lordi annui. Praticamente il doppio di un collega italiano, a parità di funzione.
  • Lussemburgo: Qui siamo su un altro pianeta. Le retribuzioni superano i 100.000 euro. Cifre che per un insegnante italiano sono pura fantascienza.
  • Francia: Anche i cugini d’oltralpe ci staccano nettamente. La media è intorno ai 47.000 euro. Garantiscono un potere d’acquisto che in Italia è ormai un miraggio.
  • Spagna: Un insegnante spagnolo a inizio carriera guadagna spesso più di un docente italiano prossimo alla pensione.
  • Italia: Il fanalino di coda. Si parte da circa 27.000 euro per arrivare a stento a 43.000 euro. E questo solo dopo 35 anni di servizio. Una vita intera di lavoro per ottenere quello che altrove è il punto di partenza.

Le buste dei Capi del sindacato: stipendi a confronto

Per capire davvero chi vince e chi perde, basta guardare nelle tasche di chi comanda. In Germania, il capo di un grande sindacato guadagna circa 180.000 euro l’anno. Una cifra alta? Certo. Ma quel leader porta a casa per i suoi insegnanti contratti da 80.000 euro. Il rapporto è chiaro. Il capo guadagna circa il doppio del lavoratore, ma entrambi vivono dignitosamente.

In Italia, Maurizio Landini dichiara un reddito imponibile che supera i 100.000 euro. E cosa porta a casa per i suoi rappresentati? Contratti da 27.000 euro per i docenti e accordi da 5 euro l’ora per i vigilantes. Il segretario della CGIL guadagna quasi quattro volte lo stipendio di un insegnante precario che finge di difendere. Lui il potere d’acquisto lo ha salvato eccome. Sono i lavoratori ad essere rimasti al freddo.

Lo sciacallaggio come metodo politico

L’aspetto più ripugnante è la strategia del “profittatore imbronciato”. La CGIL non firma, grida al tradimento e insulta le altre sigle (CISL, UIL, SNALS, ANIEF). Eppure, sa perfettamente che incasserà i frutti del lavoro altrui.

Grazie al meccanismo che estende i benefici a tutti, gli iscritti alla CGIL riceveranno comunque gli arretrati docenti e ATA. Avranno gli stessi aumenti negoziati dai sindacati “firmatari”. Certo, gli altri sindacati non hanno fatto miracoli. Si sono dimostrati deboli e incapaci di strappare un salario decente. Ma hanno avuto, se non altro, la decenza di assumersi la responsabilità della firma. Hanno scelto di portare a casa il possibile subito, piuttosto che il nulla eterno. La CGIL, invece, si è rifugiata nell’ignavia. Non fa, non ottiene, ma giudica. È un atteggiamento moralmente indegno.

La triste conclusione è una sola. Alla fine della fiera, l’unica Gianna che in Italia riesce a difendere il suo salario dall’inflazione è la capa del sindacato scuola della CGIL.

Autore: CGL
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