Mentre Maurizio Landini, segretario generale della CGIL, si dice indignato e annuncia querele contro Massimo Giletti per le rivelazioni della trasmissione Lo Stato delle Cose, centinaia di lavoratori italiani, emigrati e residenti in Svizzera, attendono giustizia. Privati delle loro pensioni, si ritrovano coinvolti in uno scandalo che ha visto l’INCA-CGIL di Zurigo protagonista di una frode da milioni di franchi svizzeri. Dopo il fallimento del patronato, la CGIL si è affrettata a dichiarare la propria estraneità alla vicenda, disconoscendo ogni responsabilità.
Lo scandalo ha inizio diversi anni fa e ruota attorno alla figura di Antonio Giacchetta, ex direttore dell’INCA-CGIL di Zurigo. Il dirigente ha approfittato della fiducia di centinaia di lavoratori italiani, che si rivolgevano al patronato per questioni legate alla loro pensione. Quando i pensionati dovevano scegliere tra una rendita mensile o il ritiro dell’intero montante dei contributi, Giacchetta dichiarava alle casse svizzere che preferivano la liquidazione totale. I fondi venivano così depositati su un conto intestato all’INCA-CGIL presso il Credit Suisse.
Successivamente, il denaro, circa 35 milioni di franchi svizzeri, veniva sottratto alle vittime. Ai pensionati veniva corrisposta una mensilità per mantenere le apparenze, mentre il resto dei fondi veniva destinato a investimenti rischiosi o spese personali. Tra queste, figurano cure mediche private e il pagamento di prostitute.
La frode è stata scoperta solo quando gli investimenti si sono rivelati fallimentari, lasciando il conto in rosso e privando i pensionati del denaro accumulato con anni di sacrifici.
Antonio Giacchetta è stato arrestato con accuse di truffa aggravata e appropriazione indebita. In primo grado, è stato condannato a nove anni di reclusione, successivamente ridotti a sette anni e tre mesi in appello. Nonostante la gravità dei crimini commessi, oggi Giacchetta è un uomo libero e lavora come consulente finanziario per una fiduciaria a Zurigo.
Le sue recenti ammissioni hanno gettato ulteriore discredito sull’INCA-CGIL. Ha infatti confessato di aver utilizzato i fondi sottratti per spese personali e investimenti fallimentari, sollevando dubbi sull’esistenza di complicità interne e sulla mancanza di controlli da parte della CGIL.
La CGIL ha cercato di difendersi sostenendo che l’INCA-CGIL di Zurigo fosse un’entità autonoma, indipendente dal patronato italiano. Questa posizione, ribadita anche nei tribunali, ha sollevato interrogativi sull’efficacia dei controlli esercitati dal sindacato sulle sue sedi estere.
Un caso emblematico è quello di Cosimo Cavello, un pensionato truffato che ha ottenuto una sentenza favorevole dal Tribunale di Roma. L’INCA-CGIL è stata condannata a risarcirlo con oltre 349mila euro. Tuttavia, il sindacato ha presentato ricorso, ritardando ulteriormente il risarcimento.
Per i pensionati, molti dei quali anziani e con poche risorse economiche, il tempo rappresenta una sfida insormontabile. Si trovano a combattere non solo contro la burocrazia, ma anche contro un sindacato che sembra più interessato a tutelare la propria immagine che a risolvere il problema.
Mentre le vittime dello scandalo continuano a lottare per ottenere giustizia, Maurizio Landini ha scelto di attaccare Massimo Giletti, accusandolo di diffamazione e annunciando azioni legali. Questa mossa ha suscitato indignazione tra i lavoratori, che vedono in essa un tentativo di distogliere l’attenzione dalle vere responsabilità del sindacato.
Invece di concentrarsi sulle vittime della frode, il leader della CGIL appare più interessato a difendere la propria immagine pubblica. Questo atteggiamento non solo allontana il sindacato dai lavoratori che dovrebbe rappresentare, ma ne compromette ulteriormente la credibilità.
Nonostante esistano ancora dei sindacalisti onesti, il mondo della rappresentanza appare sempre più sporco e disgustoso. Lo scandalo dell’INCA-CGIL di Zurigo non è un caso isolato, ma l’ennesimo episodio che getta ombre anche sull’operato di tanti di loro che rischiano una delegittimazione senza precedenti.
Le irregolarità riscontrate anni addietro anche presso l’INCA di Sassari sono un ulteriore esempio di come sia diffuso il mal costume. L’organizzazione sembra priva degli anticorpi necessari a guarire da una malattia gravissima che la sta praticamente annientando. I sintomi sono talmente evidenti che si possono riscontrare in ogni situazione. Non possa giorno senza che la CGIL non venga chiamata a rispondere delle sue profondissime contraddizioni.
Come può un sindacato abbandonare i lavoratori al loro destino, lasciandoli vittime di frodi perpetrate sotto il proprio nome? È una domanda che merita una risposta.
Landini può continuare a indignarsi contro Giletti, ma la vera indignazione dovrebbe essere rivolta al tradimento dei lavoratori da parte del sindacato. La sentenza della Corte d’appello, attesa a breve, stabilirà le responsabilità giuridiche della CGIL. Tuttavia, il giudizio morale è già stato emesso da chi ha visto le proprie vite distrutte.
Questo scandalo evidenzia l’urgenza di riforme profonde e di un controllo rigoroso sulle attività dei patronati, affinché tragedie come quella dell’INCA-CGIL di Zurigo non si ripetano mai più.