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Temi del lavoro
5 Settembre 2025
Bandiera CGL social con logo TikTok
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Scandalo CGIL: meno tessere, spuntano gli abbonamenti a pagamento

La CGIL sta perdendo colpi. Solo tramite il nostro sito, in undici mesi, oltre 46.000 persone hanno cancellato la tessera. Non si tratta certo di un piccolo dettaglio. È lo scandalo CGIL che fotografa una crisi senza precedenti…La prova che sempre più lavoratori non si sentono difesi. E proprio mentre la base se ne va, un dirigente nazionale della FIOM apre su TikTok un canale che usa il logo del sindacato. Propone anche abbonamenti a pagamento. Roba da non credere.

Il sindacato di Maurizio Landini, che dovrebbe essere la casa dei lavoratori, diventa simile a una piattaforma social. Per avere un po’ di tutela ti tocca pagare un abbonamento. Non è solo una gaffe. È un altro segno di un’organizzazione che ha perso la sua strada, troppo lontana dai problemi veri di chi lavora.

CGIL, iscritti in calo e crollo di fiducia

I numeri parlano chiaro: gli iscritti stanno calando. E non da oggi. Le disdette CGIL raccolte dal nostro sito sono solo la punta dell’iceberg. Rivelano una crisi più ampia che attraversa tutto il sindacato. Chi lavora per portare il pane a casa lo dice da tempo: la CGIL appare distante dai problemi reali. Sembra più concentrata a fare politica contro i governi che a produrre risultati concreti. Specie quelli formati da partiti che non portano in parlamento i loro stessi esponenti.

Intanto i salari restano fermi. I contratti si rinnovano con ritardi inaccettabili, proprio come quello dei lavoratori metalmeccanici. La sicurezza sul lavoro continua a fare vittime e nessuna misura concreta viene presa. In questo contesto, la fuga degli iscritti CGIL non stupisce. È la risposta di chi non vede più nella tessera uno strumento utile per migliorare la propria vita lavorativa. Il senso crescente di abbandono dilaga fuori controllo. Intanto i dirigenti pensano soprattutto a se stessi.

L’insindacabile: un dirigente FIOM su TikTok

Il nuovo caso che farà discutere nasce su TikTok. Qui un dirigente nazionale della FIOM apre un canale chiamato “L’insindacabile”. Nei video compaiono spesso il logo e la sigla della CGIL. I temi trattati non sono marginali: rinnovi contrattuali, buste paga, diritti sul lavoro. Tutto appare come comunicazione ufficiale del sindacato.

La sorpresa arriva quando, accanto ai contenuti gratuiti, spunta la proposta di abbonamenti social. Con 4,69 euro al mese l’utente può accedere a materiali aggiuntivi. Lo slogan è chiaro: “abbonati per conoscere ed essere tutelato sul lavoro”. Una formula che confonde chi guarda. Molti sono convinti che i soldi vadano alla FIOM, quando invece il sindacato nazionale si è affrettato a dire il contrario.

Abbonamento a L'insindacabile dirigente FIOM CGIL

La presa di distanza della FIOM

Alle richieste di chiarimento, la FIOM nazionale ha risposto con una mail secca: “il canale TikTok non appartiene alla FIOM, deve rivolgersi a chi lo gestisce”. Un modo elegante per lavarsene le mani. Poco dopo, dal profilo social sparisce la scritta con il logo principale e viene rimosso il riferimento agli abbonamenti. Ma i video con la sigla CGIL restano online.

Questa presa di distanza è ridicola. Non si tratta di un militante qualsiasi, ma di un dirigente con responsabilità nazionali di primo piano. È difficile credere che la federazione non sapesse nulla. Quando un dirigente parla a nome del sindacato, usa il logo e propone persino un abbonamento a pagamento, il confine tra attività privata e istituzionale semplicemente non esiste più.

La responsabilità politica di Maurizio Landini

Il caso dell’abbonamento a pagamento non riguarda solo un singolo dirigente. Coinvolge l’immagine e la credibilità dell’intera CGIL. Davanti a un episodio simile, il silenzio del segretario generale Maurizio Landini, insieme alla lista infinita che lo accompagna, è vergognoso. La FIOM ha provato a smarcarsi formalmente, ma lo ha fatto da se stessa: il dirigente al centro del caso non è un militante di base, bensì una figura di primissimo livello nella catena decisionale nazionale. Un cortocircuito evidente.

Un sindacato che invita ad “abbonarsi per essere tutelati” non è più il presidio collettivo di chi lavora. È la caricatura di se stesso. Il compito di Landini sarebbe quello di riportare il sindacato ai fondamentali: contrattazione, difesa dei salari, lotta per la sicurezza. Lasciare passare l’idea che un dirigente nazionale possa usare simboli e linguaggio della CGIL per fini personali, senza conseguenze reali. È assurdo.

Scandalo CGIL: due pesi e due misure nell’uso del logo

Il nodo dell’uso del logo CGIL è uno dei punti più imbarazzanti di tutta la vicenda. In passato l’organizzazione non ha esitato a colpire duramente i suoi stessi lavoratori, arrivando persino al licenziamento di un membro effettivo, motivandolo anche con il presunto utilizzo improprio del marchio. Quei provvedimenti si sono poi rivelati illegittimi in sede giudiziaria. Ma il messaggio era chiaro: tolleranza zero verso chi tocca il simbolo del sindacato.

Oggi la scena si ribalta. Un dirigente nazionale della FIOM utilizza lo stesso logo CGIL per proporre persino un abbonamento a pagamento, e la reazione è completamente diversa. Niente sanzioni, nessuna presa di posizione netta, solo dichiarazioni di facciata. Due pesi e due misure che minano la coerenza e spingono molti iscritti a chiedersi se le regole valgano solo per i più deboli, e non per chi siede nelle stanze del potere sindacale.

Le regole della CGIL smentite dai fatti

Basta leggere i documenti interni della CGIL per capire la gravità di questa vicenda. Il Codice Etico vieta l’uso dell’organizzazione per fini personali. Lo Statuto impone lealtà e trasparenza. I regolamenti non consentono attività economiche parallele senza autorizzazione.

Sulla carta è tutto chiaro. Nella pratica, però, accade l’opposto. Un dirigente nazionale utilizza il logo CGIL, propone un abbonamento a pagamento e lo fa persino in orario di lavoro. È la prova della distanza enorme tra i principi dichiarati e i comportamenti reali.

Uso del logo FIOM CGIL

Il Codice Etico, articolo 4, chiede che i dirigenti siano un esempio etico e rispettino i valori dello Statuto. Un dirigente che sfrutta il logo per fini privati tradisce questo principio e mina la fiducia degli iscritti.

Abbonamenti a pagamento

Gli articoli 10 e 11 del Codice Etico vietano i conflitti d’interesse e l’abuso della propria posizione. Chiedere soldi per una funzione che dovrebbe essere gratuita è un conflitto d’interessi evidente e un abuso del ruolo ricoperto.

Attività economica non autorizzata

Il Regolamento del personale stabilisce che il rapporto con la CGIL è esclusivo. Qualsiasi altro lavoro deve essere autorizzato. Un’attività parallela e continuativa, svolta senza permesso, viola apertamente questa regola.

Comportamento contrario ai doveri di leatà

Lo Statuto, articolo 5, obbliga chi ha incarichi di direzione a difendere l’unità e l’immagine della CGIL. Le azioni del dirigente sono in contrasto diretto con questo dovere e finiscono per indebolire l’organizzazione invece di rafforzarla.

Scandalo CGIL: quando il sindacato si smentisce da solo

La crisi della CGIL non si misura solo nei numeri delle disdette o negli iscritti in calo. È una crisi di identità. Un sindacato che dovrebbe difendere i lavoratori sceglie invece la strada delle ambiguità, tra social e abbonamenti a pagamento. Così alimenta la sfiducia di chi già non si sente rappresentato.

Le responsabilità non sono solo individuali. Il silenzio di Maurizio Landini e della sua dirigenza pesa più delle giustificazioni di facciata. Perché senza regole uguali per tutti, senza trasparenza, un sindacato perde la sua ragion d’essere. Non resta credibile davanti a chi lavora ogni giorno e chiede coerenza.

Se questa bruttale logica è arrivata persino in FIOM, il più grande ed autorevole della classe operaia, allora è davvero finita. Lo rileviamo con grande sofferenza, ma con la consapevolezza della nostra trasparente e immancabile missione. Giustizia!

Il sistema di giustizia interno alla CGIL è talmente inaccettabile da sembrare irreale. Funziona come uno scudo per chi sta in alto, ma diventa un’arma contro chi osa contestare. Spingersi fino al punto di non sanzionale chi licenzia illegittimamente un suo dipendente è qualcosa di osceno.

Le regole non valgono per tutti. Valgono solo per chi pesta i piedi a Maurizio Landini e ai suoi sodali.

AUTORE CGL
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