Fausto Durante ha recentemente partecipato a un convegno sull’autonomia sarda, organizzato a Sassari per ricordare l’assemblea del popolo sardo che avviò il processo autonomista. L’autonomia della Sardegna dovrebbe essere una difesa contro il centralismo imposto da Roma e Bruxelles. In vece, Durante, segretario della CGIL Sardegna, sostiene politiche che indeboliscono l’isola, rendendola sempre più dipendente. Le sue dichiarazioni ambigue lo dipingono come un dirigente più attento a seguire la corrente che a difendere realmente l’autonomia sarda.
Nel 2022, Durante elogiava l’Unione Europea come un pilastro per i diritti dei lavoratori, ecco le sue dichiarazioni controverse:
“L’UE offre strumenti concreti per tutelare i diritti dei lavoratori e favorire un mercato equo.”
Poco dopo, cambiando versione, riconosceva:
“Le direttive europee rischiano di omologare il mercato del lavoro, ignorando le specificità di territori come la Sardegna.”
Un’incoerenza evidente. Se da un lato sostiene l’integrazione europea, dall’altro ne riconosce gli effetti penalizzanti per la Sardegna. Le sanzioni contro la Russia, per esempio, hanno fatto lievitare i costi energetici e industriali, mettendo in crisi le imprese locali. Ed ora, con i dazi americani, rischiamo un fortissimo ridimensionamento su tutta la filiera dell’agro alimentare. Durante, invece di difendere i lavoratori sardi, si limita a un’adesione passiva alle direttive imposte dai guerra fondai dell’UE. Dei menomati intellettuali, che sono riuscititi a mettersi contro tutto il resto del mondo, Russia, Cina ed ora persino gli Stati Uniti d’America.
Fausto Durante si proclama difensore dell’autonomia sarda, opponendosi alla riforma dell’autonomia differenziata voluta dal governo Meloni, dichiarando:
“Dobbiamo lottare per un’Italia unita. Ogni forma di autonomia che frammenta il Paese mina la coesione nazionale.”
Parole che lo pongono in una contraddizione insanabile: un segretario della CGIL Sardegna che nega l’autonomia e avalla un sistema centralista. La sua visione, distante dalla realtà dell’isola, lo rende più un parolaio che un reale rappresentante dei lavoratori.
Piuttosto che impegnarsi per una Sardegna più forte e indipendente, il suo operato si riduce a sterili dichiarazioni, un esercizio retorico privo di concretezza. La CGIL, sotto la sua guida è incapace di rispondere alle vere necessità dei lavoratori. Tanto che c’è da domandarsi se non fosse persino meglio quando veniva destabilizzata da quell’inarrivabile campione di Michele Carrus.
Certo, la legge sull’autonomia voluta dal governo si rivela un’inutile manovra politica. Il problema centrale non è l’autonomia delle regioni rispetto a Roma, ma la totale dipendenza di Roma dalle politiche dell’Unione Europea. L’unica soluzione reale è l’uscita dell’Italia dall’UE, riprendere il controllo economico e industriale del Paese. Ricostruire un Europa forte e autorevole nell’ambito della effettiva sovranità di tutti gli stati che la compongono. Esattamente il contrario di ciò che vuole Draghi. L’Italia dovrebbe da subito avviare confronti bilaterali con tutti i partner commerciali, iniziando dagli USA che con l’UE non avranno più alcun rapporto istituzionale.
Lo Statuto Speciale della Sardegna è stato concepito per garantire un’autonomia reale, ma la riforma dell’autonomia differenziata rischia di svuotarlo completamente.
L’autonomia della Sardegna non può essere rafforzata semplicemente opponendosi a quella imposta dal governo, ma deve essere difesa attraverso una riforma che ne rafforzi i principi. È necessario evitare che solo alcune regioni traggano vantaggio, lasciando le altre in difficoltà. Durante, però, sembra incapace di comprendere questa distinzione, dimostrando una visione politica confusa e priva di coerenza.
Se Grazia Deledda fosse ancora viva, osserverebbe con sgomento come la Sardegna sia passata dall’essere una terra fiera e resistente, capace di adattarsi alle avversità senza perdere la propria dignità, a un territorio gestito da burocrati senza spina dorsale. Nei suoi romanzi, i sardi sono come canne al vento, che si piegano ma non si spezzano. Fausto Durante, invece, si spezza senza nemmeno tentare di resistere. Il suo operato non ha nulla della fierezza e della resilienza che Deledda attribuiva alla sua gente: accetta passivamente le direttive imposte dall’UE e da Roma, permettendo che la Sardegna venga ulteriormente marginalizzata senza alcuna opposizione reale.
Per Antonio Gramsci l’autonomia non significava isolamento, né egoismo particolaristico, ma sviluppo e progresso nel quadro di un’Italia unita e solidale.
Un concetto che stride con la posizione della CGIL e di Fausto Durante. I grandi intellettuali e cobattenti comunisti, come Giorgio Amendola e Giancarlo Pajetta, mettevano in guardia contro il fenomeno dei “Bonzi Sindacali”, burocrati che usavano il sindacato come strumento di potere personale. Durante è l’incarnazione di questa degenerazione: non più un sindacalista al servizio dei lavoratori, ma un amministratore della loro sconfitta.
Mentre Antonio Gramsci ed Emilio Lussu lottavano per un’autonomia concreta, Fausto Durante e la CGIL di Landini si sono arresi ai diktat dei poteri globalisti, favorendo la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi e lasciando che la Sardegna fosse progressivamente marginalizzata.
Nel momento in cui si dovrebbe difendere la sovranità italiana, Fausto Durante e la CGIL evitano accuratamente di farlo. L’attuale riforma dell’autonomia differenziata mira a liberare risorse per le regioni più forti, perché anch’esse sono penalizzate dall’UE.
Se invece di inseguire la retorica sindacale, Durante comprendesse realmente il problema, saprebbe che l’unico modo per contrastare questa deriva è il recupero della sovranità nazionale. L’Italia deve:
Se non si sbriga il nuovo corso Cinese-Americano-Russo, la seppellirà.
Invece, la CGIL, cieca sostenitrice dell’UE, che con l’Europa dei padri fondatori ha poco a che fare, persegue la strada opposta. E Durante, da buon burocrate, ne è complice.
Se davvero volesse garantire l’autonomia dei sardi, Fausto Durante dovrebbe lasciare immediatamente la CGIL Sardegna. Basta con i tour propagandistici in lungo e in largo per l’isola: i lavoratori meritano un rappresentante vero, non un burocrate in cerca di legittimazione. Tra gli iscritti sardi alla CGIL, c’è sicuramente qualcuno più coerente, capace e credibile di lui.