La CGIL ha partecipato alla manifestazione europeista del 15 marzo, convocata a Roma dal giornalista Michele Serra. Questa scelta ha rivelato la sua debolezza e subalternità ai poteri che dovrebbe combattere. Una rottura con la linea storica che la CGIL avrebbe dovuto seguire, macchiando una delle pagine più gloriose della classe operaia. A nostro avviso, l’attuale segretario, erede di Giuseppe Di Vittorio e Luciano Lama, è indegno del loro lascito.
Maurizio Landini, segretario generale della CGIL, ha sostenuto la manifestazione europeista, nonostante la forte opposizione interna al sindacato. La decisione, ormai in linea con il sistema finanziario dominante, ha generato un forte malcontento in diverse strutture. A Genova, ad esempio, la contrapposizione fra la base dei lavoratori e la segreteria nazionale si è palesata in modo netto e chiaro.
La CGIL si è sempre distinta per la sua posizione contraria alla guerra e al riarmo. La scelta di Landini di appoggiare una manifestazione che sostiene la guerra, pur sventolando le bandiere della pace, è al tempo stesso ipocrita e vergognosa.
Ipocrita perché tradisce i valori che afferma di rappresentare, nascondendo la realtà dietro una falsa retorica. Vergognosa perché inganna i lavoratori, che come sempre pagheranno il prezzo più alto.
La FIOM di Genova, che rappresenta gli operai metalmeccanici, sembra essersene accorta. Non ha esitato, e di questo ci rallegriamo, ad esprimere la propria opposizione, sottolineando come questa scelta equivalga ad appoggiare indirettamente il rafforzamento militare europeo. L’assemblea della FIOM genovese ha espresso all’unanimità la propria contrarietà, dichiarando che non avrebbe partecipato alla manifestazione per restare fedele al proprio ruolo.
Fausto Durante, ex dirigente della FIOM e oggi segretario della CGIL Sarda, rafforza la sua posizione di sostenitore del centralismo europeista. A parole, si dichiara contrario al riarmo, ma la sua adesione alla manifestazione di Serra conferma la sua tacita accettazione della linea di Ursula von de Leyen. Questo lo avvicina a quella leadership di Maurizio Landini che in passato aveva duramente contestato. Durante, che un tempo si opponeva con fermezza a Landini, oggi ne condivide le scelte più controverse. Ciò evidenzia una trasformazione politica e sindacale che ha portato a un riassetto di posizioni un tempo inconciliabili.
Susanna Camusso, segretaria generale della CGIL all’epoca, con il sostegno di Fausto Durante, aveva tentato di estromettere Landini, accusandolo di posizioni troppo radicali. Anche se non è riuscita a rimuoverlo, oggi Durante può dirsi insieme a lei vincitore. Non hanno sconfitto Landini, ma hanno vinto ideologicamente. Lui ha rinunciato alle sue idee radicali per allinearsi a posizioni che in passato avversava. Camusso, Durante e i loro alleati hanno piegato Landini e la CGIL alle logiche del sistema dominante, che ormai la controlla quasi del tutto.
Per gli osservatori più attenti, il recente riavvicinamento politico tra Landini e Durante è la prova concreta di questa trasformazione. Un abbraccio che sancisce l’accettazione di logiche che negano la vocazione storica del sindacato. I giochi politici si stanno ricomponendo, ma a pagare il prezzo saranno i lavoratori, sempre più soli e privi di una rappresentanza sincera.
La NATO utilizza la Sardegna per esercitazioni militari, con vaste aree dedicate a manovre belliche che poco riguardano la sicurezza dei cittadini sardi. Se un conflitto dovesse realmente scoppiare, la Sardegna sarebbe tra i primi bersagli, con conseguenze devastanti per la popolazione e il territorio. Questo scenario rende ancora più inaccettabile l’atteggiamento di Fausto Durante e dei suoi sostenitori. Si proclamano difensori dei lavoratori, ma si allineano alle politiche guerrafondaie dell’UE senza opporsi. Dove è finita la propensione alla rivolta sociale? Non è forse la pace il tema più importante di tutti? Altro che scendere in piazza per l’EUROPA, un sindacato serio avrebbe dovuto immediatamente convocare lo sciopero generale contro questa istituzione. Contro il suo folle e demenziale piano di riarmo.
A tutto questo si aggiunge un aspetto chiave che molti ignorano: la guerra diretta contro la Russia non è uno scenario credibile né sul piano geopolitico né su quello militare. Se mai dovesse avvenire, non segnerebbe solo la sconfitta dell’Europa, ma avrebbe conseguenze devastanti per l’intero pianeta.
Nonostante l’assenza di una reale minaccia bellica, l’UE continua a incutere paura attraverso i media che controlla e finanzia. L’obiettivo è imporre sacrifici economici ai cittadini, spingendoli verso un impoverimento sistematico. Questo inganno va avanti da decenni e serve solo a garantire lo sfruttamento dei molti a vantaggio dei pochi.
Il disegno che verrà attuato per drenare risorse dai popoli europei segna un cambio di strategia. L’industria bellica diventa il nuovo motore finanziario su cui stanno puntando i grandi gruppi economici.
La realtà dei fatti è un’altra: la guerra già dichiarata dall’Occidente contro la Russia per farla implodere, trasformando l’Ucraina in un’arma strategica, è di fatto già persa. Ora, trovandosi spiazzati sul piano economico, i soliti potentati, provano a non perdere il dominio riconvertendo l’industria civile europea in militare. In altre parole, la vera guerra è finanziaria e si sta combattendo, anche con la complicità del sindacato di Landini, contro i popoli europei, che pagheranno il prezzo di questa sciagurata scelta con un impoverimento senza precedenti.
L’Europa, guidata da banchieri e dalle lobby dello Stato profondo, che Trump sta progressivamente indebolendo negli Stati Uniti, imporrà sacrifici ai più deboli, mascherandoli da esigenze imprescindibili, come quella della sicurezza. Del resto, non è nemmeno una novità assoluta: da quando l’Italia ha rinunciato alla lira, per approdare alla sicurezza dell’euro, le famiglie si sono progressivamente impoverite. Meno salari, meno servizi, meno sanità, meno istruzione. La classe operaia e quella media si sono volatilizzate. Tutto ciò nell’ambito di un processo lento ma inesorabile, che ora sta accelerando. Se non ci ribelleremo ci porteranno via tutto, persino la proprietà delle nostre case. Ma non è affatto semplice capirlo, al momento sembra addirittura improbabile. Presumibilmente, nemmeno un italiano su cento è in grado di orientarsi per comprendere come stanno veramente le cose.
“Occorre comprendere che chi riesce ad accedere alla verità, cosa più unica che rara, non può comunque trasfonderla. La ricerca della verità è un fatto personale. Ragion per cui fino a quando l’umanità non sarà abbastanza evoluta, non potrà liberarsi dalle catene che la imprigionano. La felicità non sarà pertanto accessibile fino al raggiungimento del grado di coscienza necessario.”
“A chi ci legge non chiediamo fiducia, ma semplicemente di usare la propria testa, allontanandosi da tutto ciò che non sia il frutto della propria intima riflessione” Purtroppo la maggior parte di noi prende le mosse dalla TV, dai giornali, dai partiti, dalle chiese e dalle organizzazioni. Siamo culturalmente, quasi biologicamente, strutturati per agire sulla base di una fede. Fino a quando non ci saremo liberati da questo limite non ci sarà alcun vero progresso. Bisogna imparare a credere a ciò che è, non a ciò che vorremmo che fosse. Ma dove la troviamo la verità se ci muoviamo senza capire chi e cosa ci spinge verso il baratro?
Da chi prende le mosse Maurizio Landini? Non lo sappiamo, o meglio non possiamo affermarlo in quanto ancora ci mancano le prove. Ma è evidente che i padroni di uno dei quotidiani più “venduti” d’Italia che piu lo sostengono spingono per il riarmo. Così, da un lato, si favoriscono guadagni facili per pochi attraverso il rastrellamento dei residui risparmi privati, mentre dall’altro si impongono nuovi sacrifici con l’aumento dell’imposizione fiscale e ulteriori tagli a sanità, pensioni e istruzione. È lo stesso quotidiano che, insieme ad altre testate dell’informazione pilotata, ospita le iniziative di una CGIL in crisi di credibilità.
Landini, con il suo operato, sta dimostrando di non avere alcun reale interesse per il sindacato e i lavoratori. Per quanto le sue capacità culturali e politiche siano limitate, è difficile credere che i suoi errori siano dovuti solo alla sua inadeguatezza. Il suo mandato è stato finora segnato da scelte discutibili e compromessi che lo hanno reso complice di decisioni in netto contrasto con i valori che dovrebbe difendere. Ad ognuno il compito di comprendere questa realtà e di trarne le dovute conseguenze. Prima, si intende, che sia troppo tardi. Dare la disdetta da questa organizzazione sindacale non è più solo una questione di giustizia, ma anche un’esigenza morale.