
C’è una storia che nessuno ha mai voluto raccontare davvero. Una storia che chiunque abbia a cuore la verità non può più ignorare. È la vicenda di Michele Carrus, oggi presidente nazionale di Federconsumatori, l’associazione che quotidianamente denuncia rincari, abusi e opacità nei servizi pubblici e privati. Un incarico che richiede rigore, coerenza e una reputazione personale inattaccabile.
Eppure il percorso che ha portato Carrus a quella carica racconta tutt’altro. Racconta una lunga sequenza di omissioni, silenzi, violazioni statutarie e una trasparenza applicata a intermittenza. Per comprenderne la portata occorre tornare agli anni in cui guidava la CGIL Sardegna. È lì che nasce il vero cortocircuito: ciò che Carrus oggi pretende dagli altri non coincide con ciò che ha garantito quando aveva responsabilità dirette. Non si tratta di opinioni, ma di fatti documentabili, atti ufficiali e obblighi di legge rimasti disattesi.
Tra il 2018 e il 2021, durante la segreteria di Michele Carrus, la CGIL Sardegna ha beneficiato di consistenti finanziamenti pubblici previsti dalla Legge regionale 31/1978. Le cifre parlano da sole: 132.146 euro nel 2018, 154.035 nel 2019, 154.443 nel 2020 e 229.103 euro nel 2021.
Nel complesso si tratta di somme che sfiorano i 700 mila euro. Ma questo è solo il dato di partenza. Sommando ulteriori assegnazioni, trasferimenti indiretti e risorse collegate alla struttura regionale, il volume complessivo supera ampiamente, nello stesso periodo, il milione di euro. Denaro pubblico, denaro dei cittadini, assegnato per attività che avrebbero richiesto una rendicontazione puntuale e verificabile, come la nostra inchiesta sui fondi pubblici ai sindacati sta progressivamente dimostrando.
Eppure, durante tutto il periodo in cui Michele Carrus è stato alla guida della CGIL Sardegna, non è stato reso pubblico alcun bilancio. Nessun documento in grado di chiarire come venissero utilizzate quelle risorse, nessun elenco dei contributi incassati, nessuna rendicontazione accessibile.
Chi oggi prova a ricostruire quei dati si imbatte sempre nello stesso risultato: non esiste nulla. Un’assenza totale che non ammette interpretazioni né valutazioni soggettive. Non è materia di opinioni o di dibattito tecnico, ma un dato oggettivo, semplice e incontestabile.
La trasparenza prevista dalla Legge 124/2017 non è mai stata applicata. La norma è inequivocabile: chi riceve contributi pubblici è tenuto a pubblicare annualmente l’elenco degli importi percepiti. Non si tratta di una facoltà, ma di un obbligo che riguarda tutte le organizzazioni, sindacati compresi.
A questo si aggiunge un ulteriore profilo di responsabilità. Lo Statuto della CGIL, coerente con gli articoli 36 e 38 del codice civile che disciplinano l’attività delle associazioni, richiama espressamente il dovere di correttezza amministrativa e di trasparenza gestionale. In particolare, l’articolo 28 stabilisce che i dirigenti sono tenuti al rispetto delle norme e delle regole interne. La mancata pubblicazione dei bilanci configura quindi una doppia violazione: di legge e di Statuto.
Eppure, nonostante questa doppia inadempienza, non è seguita alcuna conseguenza. Nessuna sospensione. Nessun richiamo. Nessuna sanzione. Al contrario, la CGIL ha sostenuto la candidatura di Michele Carrus alla presidenza nazionale di Federconsumatori.
Una scelta che assume i contorni di una contraddizione evidente: il sindacato che invoca legalità e trasparenza finisce per promuovere chi, nei fatti, non le ha garantite. L’incompatibilità è chiara: non si può pretendere trasparenza dagli altri quando non la si è assicurata nella propria organizzazione.
La credibilità di Michele Carrus si incrina ulteriormente osservando il suo intervento pubblico durante le primarie del Partito Democratico del 2013. In un momento in cui il Consiglio regionale era attraversato dall’inchiesta sui fondi ai gruppi consiliari, Carrus prese posizione contro l’allora europarlamentare Francesca Barracciu, invocando correttezza e trasparenza nell’uso delle risorse pubbliche.
Sul piano dei principi, il richiamo era legittimo. Ma il contesto e il tempismo sollevano interrogativi. Carrus scelse quel momento per esporsi pubblicamente, assumendo una postura moralizzatrice mentre, contemporaneamente, la CGIL da lui guidata non pubblicava alcun bilancio e non rendeva conto dell’impiego dei fondi ricevuti.
Ne emerge una incogruenza difficile da ignorare: si chiedeva rigore agli altri senza applicarlo all’interno della propria organizzazione. Una distanza evidente tra le parole e i comportamenti. E la domanda sorge spontanea: da quale posizione di coerenza?
Nel dicembre 2021 Michele Carrus viene indicato alla guida di Federconsumatori, un incarico che richiede autorevolezza reale, trasparenza e una storia personale coerente. Ma osservando il suo percorso, questa autorevolezza appare quantomeno problematica.
Negli anni della sua segreteria regionale, i bilanci non venivano pubblicati, l’uso delle risorse non era verificabile né dagli iscritti né dai cittadini e le regole interne risultavano sistematicamente disattese. Il problema non è un giudizio personale, ma la distanza tra ciò che Federconsumatori rappresenta e ciò che Carrus ha concretamente garantito in precedenza.
Può un dirigente che non ha assicurato chiarezza nella propria organizzazione pretendere trasparenza da istituzioni, aziende e amministrazioni pubbliche? Per molti cittadini, una nomina costruita su queste basi appare difficilmente giustificabile.
Questa vicenda non riguarda solo Michele Carrus. Riguarda soprattutto la CGIL, che per anni ha scelto di non vedere ciò che era sotto gli occhi di tutti. Avrebbe dovuto vigilare, pretendere il rispetto delle regole e intervenire. Non lo ha fatto.
Anzi, dopo Carrus, la guida regionale è stata affidata a Fausto Durante, una figura che non ha mostrato maggiore attenzione ai temi della trasparenza e della rendicontazione. Il risultato è un’organizzazione che pretende rigore all’esterno, ma lo disattende al proprio interno.
Un sindacato che non applica le regole ai propri dirigenti perde credibilità. Perché la trasparenza non si misura con gli slogan, ma con i comportamenti. E quando le norme vengono ignorate per convenienza, ogni richiamo alla legalità suona vuoto.
Di fronte a questo quadro, resta una sola considerazione. Se Federconsumatori volesse davvero operare senza ombre, dovrebbe trarre le conseguenze di questa vicenda. In caso contrario, il dovere di intervenire resterebbe in capo alla CGIL. E se anche la CGIL continuasse a voltarsi dall’altra parte, dimostrerebbe, ancora una volta, di non essere all’altezza delle persone che dichiara di rappresentare.
Approfondisci leggendo il nostro articolo dedicato su: La CGIL ingessata di Michele Carrus